La farina magica del CNR di Avellino

La farina magica del CNR di Avellino

lunedì 15 giugno 2015 / Notizie

Tra le notizie più interessanti degli ultimi tempi nel mondo del senza glutine, riportiamo l'intervista tratta dal sito orticalab.it al dott. Mauro Rossi del CNR di Avellino.

Una scoperta rivoluzionaria cambierà tra non molto la qualità della vita dei celiaci sparsi in tutto il mondo. Presso l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Centro Nazionale delle Ricerche di Avellino è stato scoperto il metodo per consentire agli affetti da celiachia di assumere la farina di grano. Grazie ad una lunga ricerca, curata dal dott. Mauro Rossi, primo ricercatore dell’Istituto, in collaborazione con il suo team, l’Irpinia offre al mondo intero un’opportunità degna di nota e di interesse scientifico.

Una storia di eccellenza tutta irpina, quindi, quella della farina detossificata, quella di una ricerca che passa tra laboratori, studiosi e produttori storici di farina profondamente legati alla nostra città e al nostro territorio. Ce l’ha raccontata il prof. Rossi in persona, accogliendoci tra gli studi e i laboratori del CNR di via Roma.

Dottor Rossi, innanzitutto la ringraziamo per la sua disponibilità, complimentandoci con lei e il suo team per la scoperta rivoluzionaria. Sorge spontaneo chiederle immediatamente: da quanto tempo lavoravate a questa ricerca?

«L’attività di ricerca è datata ormai 2005. I risultati più importanti arrivarono dopo poco tempo, nel 2007, momento in cui pubblicammo la ricerca sulla rivista scientifica “Gastroenterologi”, la numero uno del settore concernente queste argomenti. In quel momento avvenne il riconoscimento del nostro lavoro da parte della comunità scientifica internazionale. Nel corso degli anni successivi abbiamo continuato a lavorare alla nostra ricerca, nel tentativo di migliorare i risultati in modo da attestare la validità di questa metodologia creata e studiata interamente trai laboratori dell’ISA CNR di Avellino».

Da quale momento in poi la ricerca ha dato i suoi frutti maggiori?

«Sicuramente da quello in cui siamo passati dalle provette alla pratica. Grazie alla collaborazione del gruppo Lo Conte, un’azienda irpina con sedi ad Ariano e Frigento, conosciuta da tutti soprattutto per le sue “Farine Magiche”, che ha creduto nella nostra ricerca sin dal primo istante, io e gli altri ricercatori siamo riusciti a mettere in pratica la detossificazione delle farine».

La farina “detossificata” è dunque irpina in tutti i sensi?

«Praticamente. A questa ricerca hanno partecipato diversi gruppi di lavoro dell’ISA CNR di Avellino: in particolare, per l’area immunologica, i dottori Giuseppe Mazzarella, Paolo Bergamo, Francesco Maurano e Diomira Luongo; per l’area chimica, le dottoresse Rosa Anna Siciliano e Maria Fiorella Mazzeo; la parte tecnologica, svolta dai tecnici dell’Ipafood gruppo Lo Conte, è stata curata dai dottori Salvatore Moscaritolo e Vittorio Valletta. Inoltre, la farina detossificata è stata già registrata con un brevetto internazionale del CNR e la licenza d’uso per un eventuale e successivo sfruttamento commerciale è stata affidata proprio al gruppo Lo Conte. A partire, dunque, dalla sua commercializzazione, la qualità di vita e dell’alimentazione dei pazienti celiaci può trasformarsi in maniera radicale: è questo il target dell’ISA CNR e della futura azienda produttrice».

Quindi l’Irpinia parteciperà all’EXPO anche con questo prodotto?

«Si, le posso anticipare che è in programma un’iniziativa in cui la farina detossificata verrà presentata ad un congresso medico che si svolgerà in parallelo alle sezioni di Expo. Ci sarà questa pubblicizzazione della nostra attività di ricerca anche lì, dunque, a maggior ragione che all’Irpinia è dato grande spazio e che questa ricerca è il frutto di un lavoro che è nato e si è accresciuto proprio nella nostra provincia».

Dott. Rossi, scendiamo un po’ più nei particolari della sua ricerca. In cosa consiste esattamente questa detossificazione?

«Si tratta di un trattamento enzimatico che si può effettuare direttamente sulle farine: una metodologia, quindi, che è applicabile non solo in provetta ma anche sulla matrice alimentare. In pratica, consiste nell’impiegare un enzima di grado alimentare che si chiama transglutaminasi microbica capace di operare un legame chimico sulle porzioni tossiche del glutine, mascherandole e rendendole invisibili ai pazienti affetti da celiachia. In seguito a questo processo, infatti, i linfociti (le cellule del sistema immune che nel celiaco scatenano la risposta infiammatoria) alla base della patologia non sono più in grado di riconoscere il glutine. In questo modo viene bloccata la reazione tossica».

Quale sentimento ha provato, insieme al suo team, al raggiungimento dei risultati?

«Logicamente una grande soddisfazione per l’idea che avevamo realizzato. Appagamento che si è accresciuto nel momento in cui la comunità internazionale ci ha riconosciuto i meriti della nostra ricerca. Uno degli aspetti più interessanti è che a seguito della detossificazione le farine non perdono le loro caratteristiche tecnologiche: a seguito di questo trattamento è ancora in grado di lievitare, quindi si può fare il pane, mantenendo intatte le caratteristiche organolettiche del grano».

In cosa migliora la qualità della vita dei celiaci la farina detossificata?

«Questa detossificazione ha degli importanti risvolti psicosociali. E’ un prodotto decisamente atteso dalla popolazione dei celiaci che, fino ad oggi, hanno potuto utilizzare esclusivamente dei grani che sono naturalmente non tossici, consumando, ad esempio, pane o pasta a base di farina di riso o di mais, i due cereali più importanti e non tossici nel loro caso».

Adesso è il tempo della sperimentazione. In cosa consisterà?

«Partiremo tra pochi giorni. Sempre in collaborazione con il gruppo Lo Conte, si sta producendo l’alimento che sarà alla base della sperimentazione, ovvero delle fette biscottate preparate, per l’appunto, con il grano detossificato. Il trial clinico verrà gestito dal prof. Antonio Picarelli e dal dott. Marco Di Tola, operanti presso il Policlinico Umberto I di Roma. All’inizio, per la prima fare trimestrale del trial, saranno arruolati circa 24 pazienti celiaci, un numero contenuto inteso a verificare che tutto è a posto e che si può procedere ulteriormente con la sperimentazione. Procederemo per un anno di test fino ad arrivare ad una novantina di pazienti».

E’ la prima volta che dei pazienti assumono prodotti alimentari contenenti farina detossificata?

«No, questo è il secondo trial clinico. Ne effettuammo già uno nel 2012, ma la strategia enzimatica ancora non era appunto com’è adesso. Già allora, però, avevamo rilevato che il 50% dei pazienti riusciva a sopportare questo tipo di dieta per tre mesi senza avere nessuna manifestazione infiammatoria».

Quali risultati vi aspettate adesso?

«Abbiamo lavorato molto in tal senso, quindi crediamo di arrivare al 100% di compatibilità: esiste oggettivamente la possibilità, perché è stata migliorata la strategia enzimatica, introducendoo un altro step di trattamento rispetto alla volta precedente, per cui adesso abbiamo mascherato ulteriormente le molecole di glutine».

Che costi di produzione sono previsti per la detossificazione della farina?

«Per il momento, purtroppo, sono molto alti, perché è proprio l’enzima a dare il costo maggiore alla produzione della farina detossificata. Stiamo cercando di risolvere questo problema attraverso una produzione in house, per cui, una volta risolta la questione, i costi di produzione si abbatterebbero, diventando comparabili a quelli di altri prodotti sul mercato».

La farina detossificata rientra nella fascia dei prodotti a carico del Servizio Sanitario Nazionale?

«Immagino di si, è comunque collocabile tra i prodotti dietoterapeutici per celiaci. Non saprei dirle altro, stiamo andando oltre alle competenze del CNR. Posso dirle che, verosimilmente, avremo tutte le risposte entro la fine dell’anno, quando i trial saranno completati. Credo che per quanto riguarda la commercializzazione, spetti all’azienda Lo Conte ottenere l’autorizzazione ministeriale».

Un ultima domanda. Che significa oggi essere affetto da celiachia?

«Per fortuna l’essere celiaci non è più un problema come un tempo, quando i prodotti alimentari erano disponibili esclusivamente in farmacia. Al supermercato è possibile trovare molti prodotti gluten free a costi ridotti, forse anche perché il fenomeno è sempre più vasto: nei paesi occidentali è celiaco l’1% della popolazione. Ma questa è la frequenza registrata negli studi epidemiologici, in realtà solo un terzo di questo punto percentuale è a conoscenza della sua patologia. Altri hanno il danno intestinale, ma non lo sanno, altri ancora sono potenzialmente celiaci che non hanno ancora il danno ma che potrebbero svilupparlo da un momento all’altro. Oggi, ad aumentare, sono i soggetti sensibili al glutine, che hanno la stessa sintomatologia clinica del celiaco, ma che non sviluppano il danno intestinale. Forse, proprio a loro, questa nostra strategia può essere decisamente utile. Vedremo, è tutto un work in progress. Siamo comunque soddisfatti per quanto ottenuto fino ad adesso e motivati a continuare nella nostra ricerca».

Fonte: orticalab.it